Basi fondamentali

Perché una PMI fallisce.

Tecnicamente un’azienda fallisce poiché le uscite superano le entrate e questo porta ad un collasso finanziario più o meno repentino a seconda delle riserve personali dell’imprenditore.

Questa però è soltanto la conseguenza ultima di una serie di inefficienze mai gestite e protratte nel tempo, attribuibili principalmente all’imprenditore.

Di solito le lacune maggiormente riscontrate in chi dirige una PMI sono tre:

1- Nessun controllo finanziario, neppure nella sua forma più banale.

Non vi è distinzione tra costi fissi e variabili, la marginalità è calcolata “ad occhio”, e si ignora quale sia il vero break even. Non vengono monitorati i costi di non qualità, si risparmia sulle inezie e poi non si interviene sugli sprechi costanti. Ci sono magazzini strapieni di semilavorati o prodotti da buttare, vengono dati buoni stipendi a persone che remano contro l’azienda, vengono affidati acquisti strategici ad amministrativi incompetenti e non c’è nessuno che sia esperto nel recuperare i crediti senza perdere il cliente. Un caos totale, che poteva non rappresentare un problema quando le marginalità (vere) erano a due zeri, ma che diventa fatale quando si viaggia stabilmente sotto al 10%.

2- Totale mancanza di basi nella gestione del personale.

Si tollerano situazioni che andrebbero gestite immediatamente con fermezza e si rimprovera a caso il malcapitato di turno. Le riunioni sono noiose, il più delle volte monopolizzate dal titolare, oppure diventano un inutile campo di battaglia per lanciarsi accuse reciproche. Qualcuno non le fa proprio “perché tanto ci vediamo tutti i giorni”, oppure fa orripilanti convention di fine anno per autocelebrarsi. Totale incapacità nel fare il più semplice dei riconoscimenti, dando tutto per scontato e vivendo in un mondo egoico dove sembra che loro siano gli unici a sapere come si fanno le cose. Manca la meritocrazia, data da piccoli premi o incentivi legati al reale valore creato dai collaboratori. I responsabili intermedi (quando ci sono) vengono regolarmente scavalcati, dando ordini contrastanti o sovvertendo l’organizzazione aziendale. Non sono stati chiariti i risultati da ottenere, e si parla solo di quello “che andrebbe fatto” e mai del “come va fatto”. Totale assenza di uno scopo, di una visione o di un sistema di valori aziendali.

3- Nessuna forma di marketing ed inefficace gestione commerciale.

Si pensa ancora che il cliente venga a bussare alla porta, declamando l grandi qualità dl proprio prodotto. Peccato che i clienti abbiano un’idea totalmente diversa e ovviamente ci si guarda bene dal chiedergliela. I venditori sono visti come un costo, e vengono ancora pagati col fisso.  No c’è nessuna strategia marketing per i 6-12 mesi a venire e si pensa di farsi conoscere stampando le brochure, partecipando a qualche fiera e acquistando un po’ di pubblicità sul giornalino locale. I budget sono fatti aggiungendo “qualcosa” al fatturato dell’anno precedente,  nessuna riunione settimanale o mensile con gli agenti, solo qualche telefonata ogni tanto per sapere cosa hanno venduto. C’è ancora l’idea che basta avere un buon prodotto per fare i clienti e che proporsi sia svilente. Purtroppo c’è la vana speranza che prima o poi il mercato si “riaprirà”, ma l’unica cosa che si sarà destinati ad aprire saranno nuovi fidi in banca per far fronte ai debiti.

Per approfondire questo ed altri argomenti: www.accademiasovversiva.it
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Informazioni su Fabrizio Cotza

Sono un Mentore Sovversivo, ovvero affianco imprenditori, manager e professionisti nella gestione della loro attività. Ho fondato e dirigo due società di consulenza e formazione, All Winners e Formazione Sovversiva. Dal 2009 sono Presidente del MasterClub, un selezionato gruppo di aziende Sovversive. Ho scritto "Per fortuna c'è la crisi!", il "Libro SalvaVita" e “Imprenditori Sovversivi”. Contatti e maggiori informazioni: www.fabriziocotza.com f.cotza@all-winners.it

Discussione

3 pensieri su “Perché una PMI fallisce.

  1. Un buon articolo, sicuramente per far aprire gli occhi a chi si “improvvisa” un manager. Però attenzione alla confusione che viene fatta nel testo, tra entrate e uscite finanziarie, mentre si dovrebbe parlare di costi e ricavi, quindi si deve considerare l’aspetto economico (specie per la legislatura italiana).
    Opterei per un fallimento portato da una situazione in cui la gestione operativa non realizza più un volume di ricavi idoneo a remunerare congruamente tutti i fattori produttivi; ovviamente nel medio periodo (nel breve periodo potrebbe derivare da una congettura economica non ottimale).

    Pubblicato da Nicola Tedeschi (@NicolaTedeschi) | 01/09/2011, 01:07
    • Ciao Nicola,
      la tua è una giusta e corretta osservazione, in effetti la frase iniziale è troppo semplicistica ma voleva solo introdurre l’argomento vero e proprio.
      Se ti va abbiamo una sezione più tecnica, ovvero quella dell’organizzazione, in cui potresti darci un contributo più legato a consigli sugli aspetti amministrativi/finanziari. Sarebbe davvero molto gradito.
      Puoi inviare il testo alla mia mail (f.cotza@all-winners.it), poi penserò io all’inserimento, specificando che sei tu l’autore, ovviamente.
      Grazie.

      Pubblicato da Fabrizio Cotza | 01/09/2011, 01:19
  2. Concordo su quanto scritto relativamente ad una gestione poco oculata sull’aspetto economico finanziario di un’azienda, ma credo vi sia un aspetto in più da analizzare quando ci troviamo davanti ad un fallimento ovvero che l’imprenditore è quasi sempre l’ultima persona ad accorgersi del dissesto, è colui che per l’aspetto affettivo verso la propria azienda non “guarda i numeri”, in molte imprese si tende a far girare tutto attorno alla figura dell’imprenditore perdendo di vista ciò che è lo scopo di un’azienda, produrre utili.
    Il sistema economico finanziario di oggi non è più quello di anni fa dove bastava lavorare per produrre, oggi un’azienda deve saper essere flessibile ai continui mutamenti e saper dire basta quando una determinata attività non è più redditizia.

    Pubblicato da Paolo Fancoli | 17/09/2011, 15:13

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