Questo è uno dei momenti più difficili per un’azienda, soprattutto quando parliamo di PMI: il passaggio generazionale (da padre a figlio o in generale dalle mani di chi ha creato l’impresa a chi la dovrà portare avanti) di solito mette in luce tutti i limiti e le debolezze dell’azienda stessa.
Generalizzando potremmo dire che i casi possono essere due:
1- Titolare abile, ma fortemente accentratore, che negli anni ha creato sotto di sé una sorta di vuoto, sia in termini di responsabilità che in termini di conoscenza. La seconda generazione tende ad essere in questo caso piuttosto insicura e vacillante, confermando al titolare che l’unica possibilità per tenere in vita l’azienda è rimanerci dentro finché le forze e la salute lo assisteranno.
2- Titolare in difficoltà ma che non vuole lasciare le redini dell’azienda alla nuova generazione, sebbene ne abbiano le competenze e capacità. In questo caso si crea solo una lotta tra due forze che si equivalgono e che porta comunque a gravi danni sia economici che produttivi (provate a legare due cavalli con una corda e a farli andare in direzioni opposte e vedrete l’immobilismo completo).
Il primo passo, per entrambe le situazioni, consiste nel ristabilire il vero scopo aziendale, ovvero nel comprendere e condividere che tipo di futuro le parti coinvolte vogliono dare alla loro impresa. Potrebbe sembrare un’azione banale o inutile, ma così non è affatto. Molti dei comportamenti e delle azioni che portano ai contrasti sono infatti il frutto di idee di gestione così diverse da loro da diventare distruttive.
Ad esempio la nuova generazione vorrebbe cercare nuovi mercati e nuovi clienti, mentre chi ha gestito fino ad ora ritiene che sia meglio concentrarsi sulla fidelizzazione e sul consolidamento di ciò che si ha già. Questo porterà a lotte interminabili perché queste due visioni sono totalmente inconciliabili tra loro (in ottica soprattutto di strategie marketing e commerciali).
Il secondo passo consiste nel suddividersi ruoli e responsabilità. Una volta compreso dove si vuole portare l’azienda è giusto che ciascuno sia concentrato su un determinato aspetto aziendale: chi la produzione, chi le vendite, chi la parte amministrativa e così via. Nell’arco di almeno sei mesi si verificherà chi ha portato i risultati condivisi precedentemente e chi invece dedica il suo tempo a polemizzare o ad interferire sul lavoro degli altri.
Il terzo passo, spesso il più difficile, è prendere decisioni drastiche quando è necessario. Ovvero per un padre potrebbe essere il decidere di togliere da ruoli decisionali un figlio che ha più volte dimostrato inettitudine nei ruoli assegnati. O per due soci potrebbe significare decidere di separarsi per fare due aziende diverse. Ovviamente si tratta sempre dell’ultima soluzione, quando con i passi 1 e 2 non si è riusciti a risolvere nulla ed i contrasti continuano ad aumentare.
Inutile dire che per situazioni così delicate l’ausilio di professionisti esterni qualificati (avvocati, commercialisti, consulenti aziendali) potrebbe agevolare entrambe le parti coinvolte.
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