In ambito aziendale bisogna sempre stare attenti agli asintomatici.
Qualche esempio:
– Collaboratori scontenti, che non lo danno a vedere con il proprio titolare, ma che si lamentano quotidianamente con i colleghi, “contagiando” la loro insoddisfazione.
– Clienti che stanno valutando di cambiare fornitore, ma che non hanno mai manifestato apertamente la possibilità di andarsene.
– Soci in conflitto silenzioso tra loro, ma che non litigano e non si scontrano, limitandosi a farsi una guerra sotterranea.
In poche parole l’asintomatico è più pericoloso perché non sembra pericoloso. Quindi rimane col problema ma soprattutto contagia tanti altri, senza che nessuno possa intervenire.
Credo che anche in questa situazione si stia sottovalutando il ruolo di chi non manifesta sintomi, e per questo non rientra in nessuna statistica e in nessuna tabella ufficiale, impattando però in maniera determinante sugli altri.
Senza che ne abbia neppure lui consapevolezza.
È anche un messaggio metaforico per l’intero genere umano, per farci riflettere su ciò che è più pericoloso nelle relazioni umane, nei rapporti professionali e nelle dinamiche comunicative.
Basti pensare a coloro che hanno seri disturbi psicologici, ma per il mondo sembrano perfettamente normali (uno studio di qualche anno fa rilevò che molti speculatori finanziari, per avere successo, dovevano avere determinate psicosi, apparentemente asintomatiche).
Ecco, in questi casi è bene che la malattia si manifesti, affinché sia curabile o, quanto meno, arginabile.
Il rischio più grande è non vederne immediatamente gli effetti, permettendo che il virus continui a diffondersi incontrastato.

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