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Fabrizio Cotza

Sono un Mentore Sovversivo, ovvero affianco imprenditori, manager e professionisti nella gestione della loro attività. Ho fondato e dirigo due società di consulenza e formazione, All Winners e Formazione Sovversiva. Dal 2009 sono Presidente del MasterClub, un selezionato gruppo di aziende Sovversive. Ho scritto "Per fortuna c'è la crisi!", il "Libro SalvaVita" e “Imprenditori Sovversivi”. Contatti e maggiori informazioni: www.fabriziocotza.com f.cotza@all-winners.it
Fabrizio Cotza ha scritto 40 articoli per Gestire PMI

Come fare un organigramma

L’organigramma in un’azienda è uno strumento indispensabile, soprattutto se dopo averlo creato viene effettivamente utilizzato.

Partiamo dagli aspetti più semplici, ovvero dalla sua struttura grafica, che può essere tranquillamente fatta utilizzando programmi come word o excel.

Se parliamo di una PMI al vertice andranno posti i nomi dei soci (oppure dell’Amministratore o del Direttore Generale). Sotto, su una stessa linea, andranno invece identificati i vari Responsabili intermedi. L’ordine da sinistra a destra dovrà avere una sua logica, perché dovrà rappresentare l’effettivo flusso produttivo dell’azienda, da quando entra un ordine del cliente a quanto il prodotto o il servizio è consegnato effettivamente al cliente ed è stato così saldato.

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Ottimista, Pessimista o Consapevole?

C’è molta confusione nelle persone, quando si parla di visione ottimistica o pessimistica della vita, e soprattutto delle conseguenze che questi due diversi approcci produrrebbero.

Generalmente il pessimista è quello che vede tutto nero, che non ripone molta speranza nel futuro, che è convinto che le cose quindi andranno sempre peggio. Viceversa l’ottimista è visto come colui che ha la certezza che il futuro sarà roseo o comunque migliore del passato e del presente, e che pertanto affronta la vita in maniera più positiva. Ebbene, questa distinzione così superficiale ha portato, soprattutto in questi ultimi anni di dilagante “pensiero positivo”, a pericolose distorsioni. In realtà dovremmo aggiungere a questi due approcci un ulteriore elemento, che modifica enormemente l’atteggiamento della persona e soprattutto crea effetti radicalmente diversi: questo elemento è la consapevolezza.

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Dove si andrà a finire?

E’ sempre stata buona prassi aziendale pianificare, a fine anno, quello successivo. Ovvero creare una strategia marketing con budget commerciali, valutare che prodotti/servizi nuovi introdurre, rivedere l’organizzazione occorrente ed incastrare il tutto con gli obiettivi economici e finanziari dell’impresa.

Oggi però questa sana e utile attività viene vista dagli imprenditori come una sorta di previsione impossibile, fattibile solo con l’uso di un buon mazzo di Tarocchi o con l’ausilio di qualche veggente. Il futuro è così incerto che ogni attività di pianificazione diventa frustrante, a volte persino controproducente, agli occhi di chi si vede cambiare quotidianamente le carte in tavola da clienti, fornitori, banche e governi. 

Ecco perché la domanda che mi viene posta sempre più frequentemente è: dove si andrà a finire? E che senso ha, di questi tempi, continuare ad investire sulla propria azienda?

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Come delegare in maniera efficace

Usando una metafora potremmo dire che il più delle volte chi dirige un’azienda o un reparto si comporta come un autista che debba fare lunghi viaggi ma che sia convinto di essere il solo a saper guidare o a conoscere la strada.

In effetti il più delle volte è proprio così. Chi più di lui conosce le cose o possiede quella abilità nell’ottenere risultati in tempi rapidi?

Eppure, ci sarà un momento cruciale in cui dovrà necessariamente lasciare il posto di guida del suo veicolo a qualcun altro. Potrebbe capitare che questa persona non sappia neppure guidare, ovvero che gli manchino persino le basi relative a quel lavoro (pensiamo al primo impiego di un ragazzo appena uscito dalla scuola). In questo caso il problema principale sarà fargli un po’ di scuola guida, senza arrabbiarsi se ogni tanto l’auto si spegne o se non va veloce quanto noi.

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Cosa sono i costi di non qualità

Solitamente quando si osserva un bilancio appaiono evidenti i costi sostenuti dall’azienda, e spesso ci si preoccupa di tentare di tagliare quei costi nella speranza di aumentare in questo modo i margini.

Purtroppo quello che sfugge a molti imprenditori è che i veri costi che erodono parte degli utili non sono così evidenti, bensì sommersi. Tali costi vengono definiti “di non qualità“.

Il nome già indica ciò a cui ci riferiamo: sprechi, lavori sbagliati fatti due (o più) volte, acquisti non necessari, personale improduttivo e così via.

Prendiamo l’esempio di un lavoro che viene rifatto a causa di un errore. Potrebbe essere la spedizione di un semplice pacco contenente la merce per il cliente.

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