Analizzate bene sia le vostre competenze, sia lo spettro demografico e commerciale della comunità che vi circonda; le tre librerie sono generaliste, ma nella vostra città c’è un piccolo tribunale. Una libreria specializzata in testi legali potrebbe essere il modo per creare la vostra nicchia.
C’è una facoltà universitaria molto frequentata da studenti stranieri? Una piccola libreria internazionale potrebbe concentrarli tutti di fronte ai vostri scaffali.
La vostra cittadina non possiede nulla di tutto questo, e la sua composizione demografico-commerciale è assolutamente priva di qualsivoglia peculiarità? Forse è il caso di abbandonare l’ipotesi della libreria e continuare a studiare ed analizzare la fotografia della comunità in cui andrete ad operare: prima o poi un aspetto che il commercio o i servizi locali non hanno ancora provveduto a soddisfare adeguatamente verrà alla luce: ecco il bandolo della matassa.
Quando parliamo di marketing vi sono da fare delle distinzioni molto importanti, a seconda che ci si rivolga a clienti già attivi piuttosto che a potenziali clienti.
Un’attività poco diffusa è per esempio quella di raccogliere ed utilizzare i nominativi dei clienti che in passato hanno già utilizzato i nostri servizi. Questa “banca dati” rappresenta una vera e propria miniera d’oro che, se ben sfruttata, darebbe immediati ritorni a fronte di investimenti minimi.
Per esempio è stato studiato che semplicemente contattando tramite mail o sms tutti i clienti della banca dati il fatturato di un professionista aumenta in media del 15% nei successivi tre mesi.
Partiamo innanzitutto dal comprendere meglio cos’è realmente un organigramma. E per farlo dobbiamo prima dire cosa non è.
Un organigramma non è un foglio con delle caselline e dei nomi dentro. Un organigramma non è una cosa da fare per l’ISO e da tenere poi dentro al cassetto. Un organigramma non è una cosa statica.
Un organigramma in realtà è uno schema di accordi tra le persone che lavorano in azienda. Per questo motivo non può essere fatto in autonomia dal titolare o, peggio, da un consulente che si limita a suddividere flussi e mansioni senza aver prima incontrato nessuno. Deve essere fatto coinvolgendo prima i responsabili intermedi, e comprendendo come davvero potrebbe esserci un accordo sia verticale che orizzontale sui risultati da ottenere.
Lo “standard qualitativo” non è, come spesso si è portati a pensare, la qualità “media” di ciò che viene fatto o fornito ad un cliente. Lo standard qualitativo è in realtà spesso legato alla peggiore performance, poiché è quella di cui si ricorda il cliente.
Un perfetto esempio è dato dai fast food più famosi, in cui viene servito sempre lo stesso tipo di panino, a prescindere dal luogo in cui lo mangiamo e dall’operatore che ci lavora. Se ci capitasse di mangiare un panino avariato, anche solo una volta ogni cento panini, la percezione di quella catena di fast food sarebbe legata a quell’unico panino che ci ha intossicati, e non più ai 99 che abbiamo trovato mediamente buoni.
Per un’azienda o un professionista è molto meglio fornire prestazioni sempre uguali, anche se non eccezionali, piuttosto che prestazioni molto diverse tra loro, poiché inevitabilmente la reputazione si legherà a quella peggiore.
Se è vero che gli ultimi anni non sono stati facili per nessuno, va anche detto che aziende che hanno accumulato grossi debiti in realtà hanno anche fatto macroscopici errori imprenditoriali (il più delle volte passati inosservati e quindi reiterati).
Innanzitutto cerchiamo di definire meglio il concetto di “grossi debiti” e poi analizziamo quali possono essere le vere cause.
I debiti di un’azienda andrebbero rapportati non al fatturato ma all’utile medio. Se si sono accumulati 100 mila euro di debiti su un fatturato di 1 milione di euro dovrei sapere in quanto tempo potrei risanare la mia situazione, in base al margine vero (e non a quello di contribuzione). Ad esempio, se il margine vero è del 10% mi occorrerebbe circa un anno per appianarli (i 100 mila di debito sul milione di euro di fatturato).